Donne, disabilità e violenza di genere: un’area cieca del discorso pubblico
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne offre ogni anno uno spazio di riflessione collettiva. Occorre però includere anche le donne neurodivergenti nella narrazione altrimenti continuiamo a guardare solo una parte del fenomeno. L’articolo approfondisce le forme in cui si declina la violenza di genere: corporea, psicologica, istituzionale ma anche sensoriale e comunicativa. Solo nominandole tutte possiamo iniziare a trasformare davvero ciò che accade.
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25 Novembre 2025
Dott.ssa Giulia Campatelli, Psicologa Psicoterapeuta, Presidente DIRimè Italia APS
Dott.ssa Sara Pensabene, TNPEE, Referente regionale DIRimè per la Calabria
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Donne, disabilità e violenza di genere: un’area cieca del discorso pubblico
La violenza contro le donne è un fenomeno strutturale e trasversale, una dramattica conseguenza di una matrice culturale che accumuna uomini e donne nel mancato riconoscimento della parità di dignità e diritti e che crea un traiettoria che unisce discriminazioni sistematiche e svantaggi a piccoli abusi quotidiani fino ad arrivare alla violenza psicologica, fisica e al femmicidio che compare nelle cronache.
Alcune categorie di donne si trovano difronte la violenza con frequenza e intensità drammatiche senza tuttavia trovare adeguata rappresentazione nelle narrazioni sociali, negli strumenti di tutela e nelle politiche pubbliche. Tra queste, le donne disabili, e in modo particolare le donne neurodivergenti, costituiscono uno dei gruppi più esposti e meno riconosciuti. La ricerca internazionale è concorde: la combinazione tra discriminazione di genere e stigmatizzazione della disabilità produce un rischio di vittimizzazione che cresce su base esponenziale (United Nations, 2022; Hughes et al., 2012).
Violenza di genere e disabilità: uno sguardo d’insieme
Secondo l’OMS, le donne disabili subiscono violenza in percentuali fino a tre volte superiori rispetto alle donne non disabili (World Health Organization, 2015). Una meta-analisi condotta da Hughes e colleghi (2012) su 29 studi internazionali rileva tassi di violenza fisica, psicologica e sessuale sistematicamente più alti in questo gruppo, con una particolare concentrazione nei contesti familiari e di assistenza.
In Italia, ricerche condotte da Differenza Donna (2021) e da D.i.Re — Donne in Rete contro la violenza (2022) hanno messo in evidenza un quadro sovrapponibile, con ostacoli significativi nell’emersione del fenomeno e un cronico deficit di dati disaggregati. In occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, il 3 dicembre 2022, è stata pubblicata una brochure realizzata dall’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori), liberamente scaricabile a questo link. L’Osservatorio è una struttura interforze della Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno, istituito con l’obiettivo di prevenire e contrastare i crimini e i discorsi d’odio.
La ricerca internazionale mostra che la vulnerabilità non è “intrinseca” alla disabilità, ma nasce dal contesto:
- dipendenza da caregiver
- isolamento sociale
- barriere comunicative
- sfiducia istituzionale
- minore credibilità percepita nei racconti delle vittime (Brownridge, 2006)
Nel caso delle neurodivergenze, questi elementi assumono caratteristiche specifiche e spesso invisibili.
La vulnerabilità specifica delle donne autistiche
Negli ultimi anni, una crescente produzione scientifica ha messo in luce il legame tra autismo e rischio di violenza di genere. Uno dei contributi più citati è quello di Brown-Livingston (2018), che riporta come oltre il 90% delle donne autistiche in alcuni campioni abbia riferito almeno un episodio di violenza sessuale, in genere nel contesto di relazioni affettive o di apparente amicizia. Una review recente (Cazalis et al., 2022) conferma questa tendenza, attribuendola non a fattori individuali, ma a un intreccio di variabili sociali e relazionali:
- difficoltà nella lettura dei segnali sociali neurotipici
- educazione emotiva e sessuale spesso inadeguata
- isolamento e scarso accesso a reti di supporto
- mascheramento (“camouflaging”) come strategia dispendiosa e ambivalente
Molte autrici autistiche hanno descritto la propria esperienza come un percorso di “disallineamento sociale” che le rende particolarmente esposte ad abusi manipolativi. Maruska Albertazzi, scrittrice e divulgatrice italiana, ha raccontato pubblicamente episodi di violenza subita, esplicitando quanto la difficoltà nel decodificare intenzioni malevole possa favorire dinamiche predatorie. Le sue riflessioni si inseriscono in una tradizione ormai ampia di testimonianze che hanno denunciato uno schema ricorrente: la vulnerabilità non nasce da ingenuità individuale ma dalla scarsa capacità della società di leggere e proteggere forme di comunicazione e di presenza divergenti dalla norma.
La violenza sensoriale come forma non riconosciuta
Una dimensione ancora largamente trascurata riguarda ciò che alcune studiose hanno definito “violenza sensoriale” (Kapp et al., 2019; Fletcher-Watson & Happé, 2019): l’esposizione forzata a stimoli e condizioni ambientali non sostenibili per persone con profili sensoriali atipici, soprattutto all’interno di relazioni affettive o familiari. Tale violenza non è necessariamente intenzionale, ma può essere strutturale, reiterata e profondamente lesiva.
Per molte donne autistiche, il sovraccarico sensoriale non è una semplice “sensibilità” bensì una condizione che altera percezione, regolazione emotiva e capacità decisionale. Molte testimonianze riportano l’uso strumentale, da parte di partner violenti, di stimoli sensoriali avversivi — rumori forti, luci, odori, contatto fisico non concordato — come forma di intimidazione o controllo. Questo tipo di violenza, difficilmente riconosciuto anche daə professionistə, può generare dissociazione, shutdown, panico e perdita temporanea di capacità comunicativa, incrementando il rischio di escalation e riducendo le possibilità di chiedere aiuto.
L’opacità di queste forme di abuso è tale da non essere quasi mai nominata nei protocolli di valutazione del rischio, che rimangono calibrati su modelli neurotipici di percezione e reazione. Di conseguenza, molti episodi di violenza sensoriale non emergono, non vengono creduti o non vengono codificati come tali, alimentando quel “sommerso nel sommerso” che caratterizza la violenza sulle donne neurodivergenti.
Le denunce poco “credibili”
La letteratura sottolinea un paradosso: le donne neurodivergenti sono, contemporaneamente, più esposte alla violenza e meno credute quando la denunciano (Rumball et al., 2020). Questo riguarda soprattutto le donne autistiche, i cui stili comunicativi possono essere letti come “poco coerenti”, “poco affidabili” o “emotivamente straniati”. La difficoltà nel mantenere contatto oculare, il racconto non lineare, reazioni emotive non convenzionali possono influenzare negativamente la percezione della loro testimonianza da parte di operatorə e forze dell’ordine. A ciò si aggiunge lanche la scarsa formazione dei servizi antiviolenza sulle disabilità non visibili e sulle neurodivergenze, la mancanza di ambienti sensorialmente accessibili e la quasi totale assenza di protocolli differenziati.
L’urgenza di un cambio di paradigma
Per affrontare seriamente la violenza di genere sulle donne con disabilità — e in particolare sulle donne neurodivergenti — è necessario spostare il baricentro del discorso. Non si tratta di proteggere “soggetti fragili” ma di riconoscere forme di violenza che la società non sa vedere. L’autismo, l’ADHD e altre neurodivergenze non sono condizioni che indeboliscono in sé: è l’assenza di un ambiente sociale competente, accessibile e capace di decodificare le differenze che crea terreno fertile per l’abuso.
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne offre ogni anno uno spazio di riflessione collettiva. Eppure, senza includere anche le donne neurodivergenti — le loro statistiche, le loro storie, le loro specificità sensoriali e comunicative — continuiamo a guardare solo una parte del fenomeno. La violenza si declina in molte forme: corporea, psicologica, istituzionale ma anche sensoriale e comunicativa. Solo nominandole tutte possiamo iniziare a trasformare davvero ciò che accade.
DIRimè Italia Aps, mettiamoci in gioco diversamente.
Bibliografia essenziale
Albertazzi, M. (2023). Testimonianze e narrazioni sulla neurodivergenza. Interventi e contenuti divulgativi online.
Brownridge, D. A. (2006). Partner violence against women with disabilities. Violence Against Women, 12(9), 805–822.
Brown-Livingston, A. (2018). Sexual violence experiences among autistic women. Journal of Autism and Developmental Disorders, 48(10), 3453–3467.
Cazalis, F., et al. (2022). Sexual victimization and autism: A systematic review. Frontiers in Psychology, 13, 856345.
Differenza Donna. (2021). Violenza di genere e disabilità.
D.i.Re — Donne in Rete contro la violenza. (2022). Report annuale.
Fletcher-Watson, S., & Happé, F. (2019). Autism: A new introduction to psychological theory and current debate. Routledge.
Hughes, K., et al. (2012). Prevalence and risk of violence against people with disabilities. The Lancet, 379(9826), 1621–1629.
Kapp, S. K., et al. (2019). Autistic community responses to sensory environments: Stress, overload, and resilience. Autism in Adulthood, 1(2), 101–110.
Rumball, F., et al. (2020). Autism, trauma and the criminal justice system. Advances in Autism, 6(3), 205–217.
United Nations. (2022). Disability and violence against women: Global report.
World Health Organization. (2015). Violence against women: Intimate partner and sexual violence against women.

